Dall’esperienza di Mariangela Taccogna, il racconto delle emozioni e dell’amore che va oltre ogni limite.
La mia migliore amica è incinta: è il suo primo figlio. Siamo tutti in fibrillazione per questo che è il primo “nipote”.
Arriva il grande giorno: è un pacioccone biondo con gli occhi chiari. “Sarà uno sciupafemmine” decreto.
I giorni passano e le tabelle di riferimento dei progressi di un bambino (maledetto concetto di standard, di normalità…!) mentono.
“E’ solo pigro: riuscirà a stare seduto dritto presto”. “Parlerà: sta solo accumulando vocaboli nella sua testolina”.
Ci illudevamo. Non volevamo vedere.
Al compimento di un anno scatta la sentenza: sindrome di Angelman. Una malattia genetica rara.
Il buio del cuore non si può descrivere. Crollano sogni, desideri, speranze. Le spalle si appesantiscono di un fardello troppo pesante, che sarà per tutta la vita.
E poi lui sorride. E ti scioglie il cuore.
E ancora oggi sorride.
Chissà cosa ti passa per la testa, cuore mio. Ti guardo e spero che il tuo cuore sia sempre in pace, gioioso e sereno nella tua semplicità.
Mi guardi e sembri scrutarmi.
Chissà se riesci a vedere il tumulto del mio cuore.
E allora, al momento giusto, quando sei tu a decidere dove, come e quando, mi abbracci.
E quell’abbraccio mi ricarica.
Tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli fanno una fatica immane. Quotidianamente. Ogni minuto della loro vita. Sono santi. Sono eroi!
Ma quelle carezze…dicono tutto l’amore del mondo.
Io non lo so com’è vivere pensando al “dopo di noi”. Non so com’è programmare la giornata, il mese, la vita secondo le tue necessità. Non so com’è sentirsi impotenti e, allo stesso tempo, lottare per darti una vita migliore.
Non lo so.
Eppure so che se tu non ci fossi, la mia vita sarebbe meno colorata.
E invece è piena d’amore. Anche grazie a te.